Bellezza vs Degrado
Può cambiare il pregiudizio nei confronti di un quartiere considerato malfamato?
Partendo da questa domanda il nostro gruppo di lavoro crede che l’Arte, più specificamente la Fotografia, possa ribaltare un luogo comune.
In tanti quartieri lontani dal centro storico di Roma, ma crediamo che il discorso sia valido per tante altre città non solo italiane, si puo trovare la bellezza. Anche dove il degrado e l’abbandono hanno avuto la meglio.
Se all’abbandono si aggiunge la criminalità il gioco è fatto.
Partendo da questo concept abbiamo intervistato due professionisti che, pur lavorando in campi diversi, ci hanno dato indicazioni su come rendere possibili i nostri buoni propositi.
Il primo a risponderci è Tommaso Salaroli, portavoce del progetto editoriale Leggi Scomodo.
Come si può riscattare culturalmente un quartiere periferico considerato malfamato?
T.S.: Penso che proprio nei quartieri più distanti dal centro si celi la maggior parte del potenziale creativo della nostra società.
In questi quartieri s’incontra il diverso, l’altro, perché proprio qui si è smesso di investire, da un punto di vista sia culturale che sociale.
Lì però c’è diversità, lì c’è contaminazione, lì c’è progresso, lì c’è il futuro!
Nella storia buona parte delle grandi invenzioni puntano nella stessa direzione: conoscere il diverso. L’uomo è sempre stato curioso!
Si parte dalla ruota per arrivare allo shuttle!
Ora, invece, abbiamo paura.
Escludiamo, allontaniamo e (addirittura) siamo convinti che il “diverso” debba avere meno possibilità di noi.
Ma se noi, che siamo fortunati e ne abbiamo modo, smettiamo di essere curiosi di voler scoprire dimensioni differenti da quelle che già conosciamo… dove possiamo andare? Che cosa possiamo inventarci?
Un’app di incontri che fa da tramite alla conoscenza dell’altro?
No, così non funziona.
Dare spazio alle “diversità” che popolano i nostri quartieri non soltanto significherebbe smettere di considerarli “malfamati” ma anche permettere quel riscatto culturale di cui parlate, che per me ha senso solo nel momento in cui si traduce in iniziative concrete che prendono piede e sono partecipate ed apprezzate dalle persone del territorio.
Intercettare le diversità e le originalità dei singoli quartieri (e delle singole persone che li abitano) con l’obiettivo di promuovere e sostenere produzioni multimediali di contenuti (fotografici, artistici, video, musicali e chi più ne ha più ne metta!) potrebbe essere una buona via per cominciare a sfatare i luoghi comuni e i pregiudizi
E intanto e soprattutto farli vivere.
Il parere di Tommaso Salaroli è stimolante perché propone la creatività come possibile via d’uscita.
Un sentimento comune condiviso da chi vive nel quartiere può essere proprio il modo grazie al quale strade, piazze e giardini possono tornare ad essere spazi d’incontro e di divertimento.
Visto che l’architettura e l’urbanistica sono elementi tanto importanti che influenzano e caratterizzano la vita di tutti i giorni, abbiamo scelto di intervistare Gianluca Fiore, architetto e fotografo di architetture (sua la mostra R21, Sguardo all’insù), che ci ha spiegato come cercare quella bellezza, spesso nascosta, nei quartieri lontani dal centro, sconosciuti al resto dei romani e non solo.
Secondo te l’arte può riscattare un quartiere considerato malfamato?
G.F.: L’arte non è una bacchetta magica ma è possibile che la bellezza, in alcuni casi, sia nascosta e allora tocca solo cercarla e, se proprio non c’è, sta a noi produrla.
C’è la bellezza che vedono tutti, per intenderci quella delle cartoline ma nei quartieri
più lontani dal centro ci sono altre bellezze.
Ci sono prima di tutto le persone.
I quartieri sono fatti da chi ci vive e sono oramai tante le zone dove i cittadini si sono dati da fare.
Se le istituzioni latitano non è detto che lo sia anche chi vive lì tutti i giorni.
Sono tanti muri e i palazzi che sono stati abbelliti da meravigliosi murales, da Tor Marancia al Trullo, così come i giardinetti di quartiere rimessi a posto da volontari del verde (come ad esempio il progetto Retake Roma).
Roma è una città d’arte, la bellezza è ovunque, va solo colta. Sta a noi assimilare e fare tesoro di quanto ci circonda.
Siamo un popolo fortunato, Roma è una città fondata sulla bellezza ed è nostro compito apprezzarla, conservarla e mantenerla e dove ancora non c’è possiamo crearla con le nostre mani.
Secondo te la fotografia può contribuire a cambiare il pregiudizio che i più hanno nei confronti di una zona o di un quartiere?
La fotografia è un mezzo di conoscenza.
Uno scatto può svelare tanto il bello quanto il brutto della stessa cosa.
Se l’obiettivo è contrastare il pregiudizio è ovvio che il fotografo può far risaltare quanto di buono c’è anche dove uno sguardo distratto e prevenuto non lo vede.
Ci sono angoli nascosti di Roma che sono meravigliosi e impreziosiscono contesti degradati o, come spesso succede, ci sono zone e interi quartieri che nonostante siano abbandonati a se stessi conservano particolari che possono riscattare il totale.
Sta al fotografo scoprire queste piccole ma importanti bellezze.
Grazie alle risposte di Tommaso Salaroli e di Gianluca Fiore abbiamo deciso di andare alla scoperta di un quartiere che conoscevamo già grazie alle strisce di Zerocalcare, fumettista che ambienta le sue storie a Rebibbia, quartiere romano dove è stato costruito il grande carcere omonimo.
Rebibbia è sinonimo di degrado?
Rebibbia fa rima con paura e rabbia?
Il nostro reportage fotografico realizzato durante un pomeriggio, mette insieme una gallery che racconta in modo realistico ma anche artistico quest’angolo di Roma.
Intervista e reportage fotografico a cura di Erica Andreozzi, Filippo Angelini, Giorgio Bani, Giacomo Bastianelli, Alessandro Mariani, Elena Maria Laureri, Beatrice Lerpi e Alessandro Sergio.