
Un autoritratto della Generazione Z
“La casa è il luogo che, più di ogni altro, reca le tracce del passaggio di un’esistenza, dove le cose si scoprono in potere di rivelare, a chi sappia interrogarle, quanto altrimenti resterebbe taciuto per sempre” ha scritto Sigmund Freud nel lontano 1939 al fotografo Edmund Engelman – autore degli scatti che immortalavano lo studio del padre della psicanalisi.
La constatazione di Freud coincide con quanto immaginato dalle studentesse e dagli studenti dell’IIS Donato Bramante di Roma che, a marzo 2025, hanno progettato il concept della mostra Noi. Un’indagine sull’adolescenza. Se ognuno di noi lascia traccia nel luogo nel quale vive e ogni singolo elemento può raccontare implicitamente o esplicitamente il nostro essere, allora perché non tracciare un ritratto generazionale ambientandolo in una stanza, in un’aula o in bagno?
I ragazzi e le ragazze della III D dell’IIS di Via Sarandì di Roma – dell’indirizzo “Design dell’industria” – ci hanno proposto, dopo la fase propedeutica del PCTO, al momento di ideare il concept della loro ipotetica mostra di raccontare la cosiddetta Generazione Z evitando i soliti luoghi comuni caduti dall’alto.
Dopo un lungo dibattito hanno circoscritto i punti salienti della loro indagine e ci hanno proposto di progettare con la massima libertà un autoritratto che potesse riflettere le tensioni identitarie, le questioni ambientali, i conflitti sociali, i dubbi esistenziali e i timori per la crescente violenza in un mondo in costante cambiamento.
La selezione delle opere è stata decisamente difficile e complessa mentre è stato immediato capire che la camera, il bagno e l’aula sono i tre luoghi che meglio rappresentano il loro quotidiano.
“Vorremmo raccontarci per quello che siamo, senza stereotipi e generalizzazioni. La nostra mostra potrebbe essere uno sfaccettato autoritratto che non ha la pretesa di essere universale ma sappiamo che molti altri ragazzi e ragazze potrebbero riconoscersi in quello che noi raccontiamo di noi”.
La Generazione Z è un’etichetta che dice tutto e niente. “È una categoria nella quale non è detto che sia facile riconoscersi e allora abbiamo deciso di aprire un confronto che possa essere utile per dare forma e sostanza alla nostra ipotetica mostra”.
I luoghi nei quali i/le giovani vivono, studiano, sognano o fanno i conti con i propri conflitti interiori, sono gli spazi dove la mostra prende forma.
La camera, il bagno così come l’aula sono i palcoscenici dove si vive la quotidianità. Noi. Un’indagine sull’adolescenza non a caso è il titolo di una mostra collettiva, immersiva e multimediale che prova a delineare un possibile ritratto di chi è nato nel primo ventennio del XXI secolo.
Si potrebbe definire un autoritratto generazionale in un interno, anzi in più interni.
Lunghi e accesi brainstorming sono stati utili per capire che: “tutti parlano di noi. Tutti decidono come siamo, come pensiamo e cosa facciamo ma nessuno ci ascolta veramente e ci lascia la possibilità di dire la nostra. È evidente che nessuno ci vuole ascoltare”.
La galleria 5 del MAXXI è lo spazio scelto per allestire le opere selezionate. Zaha Hadid ha progettato uno spazio curvo e sinuoso che invita il visitatore a raggiungere la grande parete vetrata che guarda al cielo. È la galleria che più colpisce l’immaginazione ed è effettivamente lo spazio ideale per allestire una mostra del genere.
Nel progetto di allestimento la galleria viene divisa in tre spazi distinti. Il primo è la Stanza ovvero la camera nella quale si vive, è lo spazio privato all’interno della casa e può essere considerata la cartina tornasole di chi la abita.
Esattamente come ha detto Sigmund Freud.
Solo per citare alcune delle opere selezionate per la Stanza si va dal “My bed” di Tracey Emin al reportage “Girl culture” di Lauren Greenfiel, da “Audictions series” di Sharon Lockhart al “Made in Italy” di Mustafa Sabbagh. C’è anche la “Venere degli stracci” di Michelangelo Pistoletto, tante fotografie, documentari e podcast dedicati agli Hikikomori.
Non mancano i videogiochi e i film (“Fucking Åmål – Il coraggio di amare”, “Beutiful boy”, “The End of the F***ing World”, “Waves. Le onde della vita” e tanti altri ancora). Il microcosmo chiuso tra le quattro pareti di casa racconta tanti aspetti del quotidiano degli adolescenti di oggi e le opere scelte esplicitano la complessità del quotidiano della Generazione Z.
Per l’aula e il mondo della scuola la scelta è ricaduta su “Il dettato” di Demetrio Cosola, “Il nuovo scolaro” di Thomas Brooks ma anche il film “Billy Elliot” di Stephen Daldry e il documentario “Bowling a Columbine” di Michael Moore. Il lungo all’interno del quale studenti e studentesse entrano in contatto con i coetanei e con gli adulti (i docenti) ) è il più problematico e ricco di spunti di riflessione e le opere selezionate sono tante e eterogenee ma tutte cariche di significati.
Per il bagno, il luogo più intimo e allo stesso tempo più connesso con l’esterno, gli scatti di Lee Ann Price sono indispensabili per mostrare senza falsi pudori il tema dei disturbi alimentari che Vanessa Beecroft ha raccontato con la performance “VB52” e Oliviero Toscani con Nolita. I “Passi” di Alfredo Pirri diventano, in questo caso, il simbolo del rapporto problematico con il proprio apparire. Anche in questo caso citiamo solo alcune delle tante opere selezionate dai team Direzione artistica e Ufficio curatela.
Oltre a tutto questo, i team dell’Ufficio allestimento, dell’Ufficio marketing e dell’Ufficio comunicazione hanno ideato e realizzato ottimi progetti a supporto di una mostra che può considerarsi un identikit generazionale.