Il romanzo della verità – Lezione 8
Perché i film documentari si chiamano così?
La risposta è tanto banale quanto importante.
Perché sono e contengono documenti.
E i documenti sono ciò che ci consentono di conoscere fatti persone e cose, come essi sono o sono stati davvero.
I documenti possono essere, come abbiamo visto, le testimonianze delle persone, le loro idee, le loro informazioni, i loro resoconti.
Possono essere, come spesso accade nei film documentari, dei materiali cinematografici di repertorio realizzati in epoche distanti dalla nostra, utilizzati per mostrare, raccontare, commentare ciò di cui questi film parlano. Possono essere, spesso, delle fotografie. La fotografia è un documento molto utilizzato da questo tipo di cinema. Perché è un mezzo economico.
Ma anche perché è un mezzo affascinante: le fotografie al cinema godono di un’attrazione quasi magnetica – immagini ferme in uno spazio dove non lo sono mai – e sono illuminate perfettamente.
Come dimostra questo bel documentario, Due scatole dimenticate – Un viaggio in Vietnam di Cecilia Mangini, (una delle più importanti registe viventi di film documentari: per inciso, a Extra Doc ci sono più registe donne che uomini, l’esatto contrario di ciò che accade in tutti gli altri festival) e Paolo Pisanelli.
Una scatola di migliaia di fotografie dimenticate del Vietnam Innesc il meccanismo potente di rievocazione di un’epoca e di una guerra che ha così profondamente inciso nella storia, nelle idee, nella formazione di tutti coloro che vivono nell’età contemporanea.
E allo stesso tempo però, l’inizio stesso di questo film, che fonde così bene lo spazio domestico e quotidiano con quello infinito della memoria, non ci ricorda molto da vicino i meccanismi tipici della letteratura (il manoscritto ritrovato, la lettera non spedita, l’oggetto del passato che riaccende la ricerca del tempo perduto)?
L’ultima microlezione di Extra Doc è anche quella dedicata all’evidenza più flagrante e decisiva dell’ambizione dei film documentari di oggi: raccontare la storia, la vita, la verità di qualcosa con la stessa bellezza e intensità di un romanzo (guarda brani da due film fatti quasi interamente di fotografie, La jetée, 1962, di Chris Marker e L’ultima sequenza, 2003, di Mario Sesti, ).
Link del contributo video
>> urly.it/3cpym
Iniziativa realizzata nell’ambito del Piano Nazionale Cinema per la Scuola promosso da MiBACT e MIUR